Oiseau Lyre non è certo un’etichetta sconosciuta, né ai più, né, tantomeno, agli amanti della musica barocca e di Haendel in particolare.
Molti ricorderanno la freschezza dell’Handel diretto da Hogwood con la sua Academy of Ancien Music, la meraviglia che portava in sè la “prima” esecuzione filologica del Messiah. E di quel periodo è anche questa registrazione che io ancora ascolto con gran piacere, malgrado alcune posizioni un po’ rigide che oggi possono renderla forse “superata”. E’ comunque figlia di un’epoca e mi piace parlarne.
Non tanto delle composizioni, che quando ben scrivo che nell’Anthem For The Foundling Hospital c’è l’Hallelujah che poi finì nel Messiah, forse non interessa che a pochissimi, ma di esecutori che hanno formato un gusto e hanno contribuito a rendere più leggera a piacevole da ascoltare la musica di Haendel.
Il Maestro Simon Preston, più noto come organista che come direttore vero e proprio, ma che comunque direttore di coro fu per davvero, qui cura molto il coro che di fatto restitisce una performance ottima, soprattuto le voci bianche e che accompagna il tutto con un’orchestra che accenta molto bene i tempi , senza però rendere il tutto stucchevole.
Il Coro del Christ Church Cathedral di Oxford che ancora oggi, pur con gli attuali componenti, meraviglia proprio per l’intonazione delle voci bianche, praticamente perfette, come mi ha dimostrato un Vespro monteverdiano ascoltato nel 2010 nella Cattedrale di Saint-Malo, in Francia. Non che le altre sezioni vocali siano da meno, beninteso: non lo erano e non lo sono e le direzioni di Preston prima e Cleobury poi hanno lasciato un segno tangibile proprio in quella perfezione d’intonazione e quella capacità di “insieme” che caratterizza un coro che ha una lunghissima tradizione.
L’Academy of Ancient Music, che sotto la direzione di Christopher Hogwood era cresciuta sino a diventare una delle più apprezzate orchestre barocche e che qui accompagna in modo un po’ “manieroso” alcuni brani, ma che di fatto è stato uno dei pilastri di Oiseau-Lyre.
Dame Emma Kirkby, una sorpresa di quell’epoca: una voce leggera, quasi impalpabile, angelica, velocissima nelle frasi melismatiche, una cantante cresciuta in un coro e poi divenuta professionista con tanta musica antica alle spalle. Ancora oggi la Signora Kirkby resta un piacere da ascoltare.
Judith Nelson: l’ho commemorata qui sul blog lo scorso anno, quando se ne è annunciata la scomparsa. Fu seconda alla Kirkby, non perché lo fosse, ma perché offuscata dalla Kirkby e in questo disco dà prova di cantare altrettanto bene quanto la Kirkby, con un timbro forse meno particolare. Mai nel duetto nell’Anthem For The Foundling Hospitale è ben difficile, almeno per me, stabilire che sia meglio tra lei e la Kirkby.
James Bowman: il controtenore di Oiseau Lyre, colui che dopo Deller, Jacobs, Esswood ha continuato a cantare sino in tarda età (a dire il vero anche Esswood ha tenuto masterclasses in Oriente in età molto avanzata), dimostrando che con una tecnica di ferro anche i contraltisti possono cantare per tanti anni. Bowman pareva meno “meccanico” di altri, meno impostato, più portato a seguire l’andamento ritmico della partitura ed alla fine riusciva a risultare più piacevole di altri.
David Thomas che non ho mai amato particolarmente, ma che so esser stato molto apprezzato. Personalmente gli rimproveravo, dal vivo, troppe gigionate, tipo chiudere le frasi un’ottava sotto guardando il pubblico col classico sorrisino del tipo “visto che fico che sono?” e che invece era solo indica di una dote naturale.
Martyn Hill, un tenore leggero e piacevole da ascoltare, specialista di questo repertorio che però ha registrato non molto materiale.
Quel che resta, oltre alla sorta di rassegna di esecutori che in qualche modo, ognuno per la sua parte, ha accompagnato la riscoperta delle esecuzioni cosiddette filologiche, è una esecuzione ancora bella da ascoltare.
Dal punto di vista tecnico la registrazione ha meno dinamica di quanto siamo oggi abituati ad ascoltare dalle migliori registrazioni, ma tutto sommato ancora oggi si difende soprattutto dal punto di vista timbrico: le voci bianche sono spinte come lo possono essere dal vivo e se proprio devo trovare un appunto, i violini sono un po’ troppo chiari e quindi aperti in alto ma mancanti del giusto corpo. Tutto sommato un prodotto ancora valido per gli amanti del repertorio.
Questo era il vinile:
La stessa esecuzione, insieme con l’Utrecht Te Deum e le musiche di scena per l’Alceste si trova anche in questo doppio cd:
Un saluto a tutti
Domenico
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